La vista si perde presto tra i profili aguzzi delle Dolomiti del gruppo del Catinaccio. È una mattina fresca, il cielo leggermente coperto, l’aria frizzante ci avvolge mentre entriamo al Rifugio Paolina, punto di partenza di un’escursione che promette panorami e adrenalina.
Ci troviamo in Val d’Ega nei pressi del Passo Costalunga, che collega la trentina Val di Fassa all’Alto Adige.
Dal Rifugio Paolina (2.125 m.) si imbocca il sentiero 552, ben segnalato ed evidente, che riporta la direzione verso il Rifugio Coronelle. Il sentiero si sviluppa al limitare di alcuni boschetti e per la maggior parte del tempo si procede a mezza costa lungo il pendio erboso scosceso ai piedi del fianco roccioso del Catinaccio. O, per meglio dire, lungo il fianco dell’antica scogliera triassica rappresentata dal massiccio Sciliar-Catinaccio.
Camminiamo tranquillamente, con il profilo delle Dolomiti del Latemar che ci segue alle nostre spalle. La deviazione sul sentiero 9 ci fa entrare in uno scenario ancor più spettacolare, dove la roccia frastagliata la fa da padrone. Il terreno si fa più ripido, il respiro si accorcia, e le pareti del Catinaccio iniziano a stringersi attorno come quinte teatrali.
Si comincia a risalire il ghiaione ai piedi della Roda di Vael, che incombe sul sentiero in tutta la sua maestosità.
Giungiamo così nella conca rocciosa che precede l’ultima salita verso il passo Vajolon (2.560 m.). Il sentiero è circondato dalla roccia, che crea una cornice estremamente scenografica, in una situazione tipica degli scenari dolomitici.
Un cordino metallico e una scaletta segnano il tratto più tecnico, ma anche il più affascinante. In questo tratto percepiamo il supporto fondamentale dei bastoncini da trekking Rubus, che garantiscono l’ergonomia migliore grazie alla coda sul retro della manopola che facilita l’impugnatura anche nelle situazioni più complesse. Inoltre, sono bastoncini ultraleggeri e facili da chiudere, per essere riposti momentaneamente nello zaino nei passaggi più esposti.
Alcune scalette, prima di legno e poi metalliche, agevolano il passaggio. In questi tratti è richiesto un passo fermo e sicuro.
Ogni passo è un profondo respiro, ogni sguardo verso il basso un tuffo nel vuoto e nella bellezza. Poi, all’improvviso, il Passo Vajolon si apre davanti a noi come una terrazza sospesa tra cielo e roccia. Raggiugiamo la sella del passo e possiamo solo guardare avanti, verso est, ed ammirare l’infinito panorama dolomitico verso la Marmolada e le Pale di San Martino. Quel panorama che si cela ogni mattina dietro il profilo di questa barriera rocciosa che ammiriamo dalla città.
La discesa seguente verso il Rifugio Roda di Vael (2.283 m.) è un viaggio tra ghiaioni e silenzi. Il sentiero si snoda tra torri dolomitiche e valloni nascosti. Si attraversa infatti un tratto decisamente scenografico, dove si incontrano pinnacoli e torrette rocciose, prima di raggiungere il comodo sentiero 541 che ci conduce nell’ultimo tratto panoramico prima del rifugio Roda di Vael.
Per chiudere l’anello seguiamo il sentiero 549: il terreno si fa più morbido, i prati tornano a dominare il paesaggio. In meno di mezz’ora torniamo al Rifugio Paolina, avendo completato così il percorso ad anello. Un’escursione breve ma estremamente intensa, varia, emozionante. E soprattutto affascinante nella sua componente rocciosa.
Così al rifugio, una pausa è d’obbligo: il vento soffia, la mente si ferma e lo sguardo si perde tra le nuvole e la roccia.